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martedì 25 febbraio 2014

Sarà la primavera

La Primavera è ancora lontana, ma verso la fine di febbraio inizio a percepirla. Nelle giornate di sole, al mare; nelle piante e nell'erba del giardino (non il nostro - magari! - però abbiamo la fortuna di poter godere della sua bellezza) che timidamente iniziano a risvegliarsi. Anche se quest'anno l'Inverno, quello vero, qui non si è fatto vedere. Il nostro è conosciuto come il quartiere "dalle due primavere" per il clima mite, ma stavolta la mitezza ha superato se stessa. Purtroppo. Sì, a me la neve manca.
Tuttavia con l'arrivo di marzo inizio a sognare le giornate tiepide, lunghe e luminosissime; le sogno soprattutto per mia figlia, perché ci permette di girovagare con entusiasmo e libertà.

Nel frattempo, per dimostrare a me stessa che faccio sul serio, ho preso questo bel volumone.



Quando inizio qualcosa di nuovo, provo sempre il desiderio di tuffarmici dentro, di approfondire.
Ho perso il conto dei giorni, ormai delle settimane in cui ho abbandonato carne e pesce. Latte e uova no. Nun je la posso fà. Del resto io faccio tutte le cose per gradi e mai sino alle estreme conseguenze, scegliendo con determinazione quella mediocrità che mi salva dagli assoluti. Gli assoluti mi rendono acida. L'adolescenza era la stagione dei radicalismi e, anche allora, è durata poco; pure nel mezzo delle scelte più melodrammatiche, mi restava un po' di gusto per le sfumature.
Sicuramente è un approccio di comodo.
Adesso, infatti, è facile... il clima, il sentore della primavera... il pregustare verdurine tenere e fresche, le insalate di cereali e legumi, il bulghur per il tabbouleh con le foglioline di menta che andranno a sostituire le zuppe fumanti. Le macedonie dai mille sapori.

Poi diventerà più difficile e chissà se riuscirò a NON essere inconcludente come al solito.

Comunque lo yoga è arrivato nella stagione in cui sentivo il bisogno di una più profonda calma interiore, qualcosa che non restasse, come al solito, in superficie; qualcosa che coinvolgesse il mio corpo che negli ultimi due anni e mezzo (tanti ne sono passati, se tengo conto della gravidanza) ha subito molte trasformazioni. Si è riempito, si è svuotato, è stato nutrimento ed è ancora sostegno, contatto. Si merita un po' di distensione.

Sto leggendo il secondo volume di Elena Ferrante, Storia del nuovo cognome. Ciò che mi colpisce di più è la capacità di sondare le emozioni che si susseguono nelle vite delle due ragazze. Come tutte le amiche per la pelle, quelle che si sono conosciute da bimbe, si amano, si odiano, si ritrovano per non sopportarsi più. Desiderano assomigliarsi e poi fanno di tutto per differenziarsi; pensano costantemente al giudizio dell'altra, mentre lottano per affrancarsi da quel legame antico. La tua più vecchia amica sa essere la più cara, ma anche la più perfida e spietata fra le tue conoscenze. Perché si ricorda com'eri e sa cosa ti ha fatto cambiare. Bisogna essere diventate indulgenti, aver maturato una serena accettazione per continuare a voler bene, un bene sincero, a chi è stata il tuo specchio nell'età infantile. E' qualcosa di molto difficile, ma al tempo stesso molto potente. 

mercoledì 19 febbraio 2014

Le parole maiuscole e quelle minuscole


"Con loro non potevo usare niente di ciò che imparavo ogni giorno, dovevo contenermi, in qualche modo autodegradarmi. Ciò che ero a scuola, lì ero obbligata a metterlo tra parentesi o a usarlo a tradimento, per intimidirli".

Da Elena Ferrante, L'amica geniale.

Ci sono, eh!
Ho avuto giornate piene e alla sera il sonno mi ha colta prima che facessi in tempo a scrivere due pensieri di fila con un minimo di senso compiuto. In realtà, questo senso compiuto non ce l'ho nemmeno ora.
Mi sento in fermento... Mi sento come se mi fossi risvegliata da un sonno, con quella corroborante, piacevolissima sensazione di riposo profondo, di corpo disteso, leggero ed elastico. Mi sento come una che ha uno scopo, preciso, nitido, risoluto, ma senza ruvidezze, senza smania. Quando da una zolla spunta un germoglio, significa che prima c'è stato un lungo viaggio, anche se nessuno l'ha visto. Un raccoglimento... poi un lento insinuarsi, farsi strada nel buio, nel silenzio... sino ad aprirsi, lasciare andare un guizzo vitale, un osare.
Non sono ancora nella fase dell'osare, ma potrei farcela.
E non sto lavorando a cose grandi.
Piuttosto, sto pensando a come rendere intimamente grandi e vaste le cose piccole.
Beh... Grandi e vaste per me: le misure sono relative. Un vaso pieno è pieno, non importa la reale capienza. Conta la sensazione di appagamento che trasmette.
Appagamento è una parola impegnativa.
Allora dico: soddisfazione. Taglio, cucio, ridimensiono: avvicino alla mia portata. Va bene lo stesso.
Se ho voglia di sentirmi bene, conta questo, no? Che senso ha andare a cercare tutto ciò che potenzialmente potrebbe remare contro?
C'è già abbastanza nervosismo, in giro. Asprezze, toni polemici, aggressività. Persone sulla difensiva. Persone che per sentirsi a posto cercano di far sentire fuori posto gli altri. Persone che scrivono tutte le loro giornate in stampatello maiuscolo. Avete presente la netiquette? Scrivere in stampatello maiuscolo equivale a urlare. E' sgarbato, fastidioso, anche offensivo. Molti lo usano senza accorgersene. Ogni pensiero è gridato, ogni convincimento fa rumore, ogni scelta è una battaglia, ogni preferenza provoca il riflesso di portarsi le mani alle orecchie, per farle riposare.

Ho voglia di minuscolo.
Solo parole minuscole, per favore.

Facebook amplifica, funziona come un androne, come l'eco su e giù per la tromba delle scale. Rimbomba.
Il blog smorza, rallenta, si acquieta.

Non so, questo post mi è uscito fuori così. Avevo bisogno di mettere nero su bianco il mio prendere le distanze da atteggiamenti che non mi fanno nemmeno più ridere.

Ho finito il primo libro della "saga" di Elena Ferrante, fra breve comincerò Storia del nuovo cognome. Mi ha coinvolta, vedremo il seguito.
Febbraio è corto, è già agli sgoccioli; marzo mi piace di più.

giovedì 13 febbraio 2014

Per me

Ho terminato la tesi (la terza e ultima tesi della mia vita, credo e spero) e, con essa, un percorso durato quattro anni. Quattro anni in cui sono cambiate moltissime cose, ho scoperto pian piano nuovi aspetti di me stessa e ho accolto la nuova vita con la Pulce. Mi sento veramente come se fossi partita da un punto lontano nello spazio e nel tempo per arrivare in un luogo molto diverso, nuovo e affascinante. 

Ho festeggiato intimamente questa conquista, giunta in un'età in cui la vita dovrebbe essere forse più consolidata, mentre la mia è ancora molto fluida. Pazienza, ho imparato ad accettare anche questo. E' vero che ci sono stati diversi (e avversi) accadimenti che mi hanno reso l'esistenza più sorprendente e flessibile di quanto immaginassi. Tuttavia, è altrettanto vero che sono io ad essere fatta così. Una persona che non compie una scelta sola, ma si sente più a suo agio avendo di fronte un ventaglio di attività e, quindi, di possibilità. Tutto ciò a volte mi spaventa, non credete che prenda tutto con filosofia...

Ho festeggiato, dicevo, facendomi qualche regalo. 

Un set di carte e piccoli strumenti per fare un po' di scrapbooking, senza velleità artistiche, ma con l'unico scopo di riscoprire la manualità e la creatività per me stessa e da condividere con gli altri. 

Una cucina più salutare, potrei dire vegetariana se non fosse che detesto le etichette e quel malcelato senso di snobistica alterigia che alcuni vegetariani, vegani e animalisti ostentano in ambienti virtuali (e non) che ho frequentato superficialmente e, poi, subito abbandonato. Le squisite persone che mi leggono e hanno fatto queste scelte con cura e rispetto non si offendano, perché non faccio di tutta l'erba un fascio (ho diversi amici amanti del creato, come preferisco chiamarli, e sono persone stupende). La mie parole del momento: moderazione (nell'uso e consumo di certi alimenti di origine animale) e colore (le splendide tonalità dei frutti della terra). 

Un'introduzione cauta, ma piena di spirito perseverante, allo yoga. Chiaccherando con la mia amica Daniela e leggendo il blog di Ylenia sono infine partita da questa sequenza. Ho amato molto Ardhakapotasana e Jatharaparivarthanasana ma, naturalmente, a causa della mia schiena indurita, non sono riuscita a effettuare fino in fondo Karnapindasana. Però c'è di bello che mi sono regalata mezz'ora: una ventina di minuti di sequenza e poi una tazza di Pai mu tan, tè bianco, sorseggiato lentamente

Sceglierò poi alcune posizioni tratte da qui, qui e qui. Ci vuole tempo per "studiare" i movimenti, scegliere la musica (o il silenzio), concentrarsi, respirare. Tempo da dedicarsi senza fretta... è proprio un grande dono per me, avendo vissuto gli ultimi ventun mesi sempre un po' di corsa, con tante cose da fare senza aiuti di alcun tipo (eccetto quello del consorte!). 

Provare mi ha emozionata. Mi è piaciuto stendere il tappeto e la copertina leggermente imbottita per stare comoda comoda, ricordare e lasciarsi andare, sorridere della mia imbranataggine, avere pazienza nei confronti della mia schiena poco elastica, del mio corpo da rieducare. Infine, sedersi sempre per terra a gambe incrociate per gustare il mio tè preferito... Non sono molto amante delle sedie, appena posso cerco di sedermi per terra e di togliermi le scarpe. Ahhhhh i piedi nudi! Non so se avete mai letto Elogio dei piedi di Erri De Luca. Vi consiglio di farlo!

Essere all'aria aperta sarebbe stato il massimo; stavolta mi sono accontentata di scegliere un angolo accanto alla finestra, dal quale posso vedere comunque il ciliegio, i limoni e le girandole della Pulce. 

Cercherò di avere cura ogni giorno di questa mezz'ora di tempo regalato, o almeno di farlo il più spesso possibile. 

domenica 9 febbraio 2014

Ho bisogno di mettere comoda la mia anima

Ho bisogno di vedere gente, di visitare mostre, di teatri e di cinema, di librerie e caffè. Intimamente solitaria e lunatica, tuttavia non potrei vivere senza queste cose per me "necessarie". Necessarie per sentirsi e vedersi meglio, per colmare in parte dei vuoti antichi e per placare ansie fredde.
Ho bisogno di mettere comoda la mia anima.

Di fermarmi a parlare con due quasi sconosciuti, incontrati ieri, a parlare del loro viaggio in Kenya, di lavoro, di libri e della bella giornata di sole. D'incontrare e ascoltare persone come Sergio Guastini, il Raccontalibri, che ci ripete con la sua voce penetrante che dentro ai libri c'è tutto e che la lettura è un virus dal quale è bello essere contagiati.

Di passeggiare per la città con un'amica, parlando di tutto. Di portare una fascia ad una mamma che vuole provare a portare il suo bambino e di vedere altre mamme che si riuniscono a sferruzzare per i neonati prematuri.

Ho bisogno di leggere ad alta voce, con tanti occhi puntati addosso, Federico di Leo Lionni, sgretolando ad ogni parola un mattoncino di timidezza (non tutta, ma è già qualcosa). E di ridere con quella consapevolezza - euforica ed intenerita insieme - di essere nel mezzo di una serata speciale con persone speciali. Di tornare a piedi a casa, sotto la pioggia scrosciante, col cuore caldo. Preparare una tisana e stare ancora sveglia per un po', dal momento che l'emozione è troppa per spegnere la luce.

Di vedere mia figlia andare incontro alle persone, con quella sua socievolezza così solare e diversa dalla mia ombrosa cautela, e fare amicizia in quattro e quattr'otto.

Di ammirare la schiuma bianca del mare e il pavé disseminato di coriandoli, odorando l'aria pregna di sale e delle voci dei bimbi che giocano al sole.

E ho bisogno - perché no? - di scrivere post come questi, scontati e sdolcinati, e d'infischiarmene completamente... 


giovedì 6 febbraio 2014

Non affannatevi per il domani

"Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire".
Fernando Pessoa

Sono sempre stata piuttosto inquieta, nervosa sotto la superficie, selvatica. Mi sono sentita molto spesso in ritardo per qualunque cosa, in ritardo e in affanno. Quando prendo le mie decisioni so restare ferma e determinata, ma il problema è, appunto, il quando.

Più o meno fino ai venticinque anni mi rammento come una persona dalle idee tutto sommato chiare, poi non so bene perché, ma le cose si sono fatte più sfumate. Il successivo decennio è trascorso tutto insieme in una botta sola ed io mi sono risvegliata incredula e piena di stupore di fronte all'evidenza che, pur avendo già più di trentanni, non avevo combinato un granché. Come diavolo avevo fatto a perdere tutto quel tempo? Non si sa. Nonostante ciò conservavo un'impressione per niente vaga di aver fatto, di aver viaggiato, insomma di essermi mossa. Le tempistiche, erano quelle ad essere completamente sfasate.

Comunque.

Un bel giorno è arrivata la Pulce e - che ve lo dico a fare? - il tempo ha cominciato ad essere ancora più sballato di prima. Col pregio, però, di aver subito una frenata. Un tempo lento, fatto di stagioni lunghe, costellate da piccolissimi e numerosi eventi. Accadimenti comuni, comunissimi, eppure nuovi.

Adesso quando mi ritrovo a camminare con la sua manina morbida e cicciosa nella mia - lunga, nervosa e dalla unghie diligentemente accorciate - penso che questo piccolo esserino impastato di allegria ed entusiasmo mi stia lentamente guarendo. Guarendo dagli spasmi, dalla quella cronica mancanza di tempo, da certe passeggiate da funambola che ho intrapreso in passato.

Forse perché, dovendola guidare, non posso mica prendermi il lusso di avere incertezze adolescenziali sul percorso da fare.

Forse perché, insieme a lei, ho riscoperto il valore del corpo, delle mani, del fare che non ti da tempo di rimuginare.

Fatto sta che mi sento a mio agio e, soprattutto, in tempo. Nel posto giusto, al momento giusto.



Non mi sono ancora del tutto abituata a questa sensazione, ma pare che sia effettivamente così. Lo chiamano sollievo.

***

Subito dopo aver scritto questo post ho letto le parole di Daniela che mi hanno aiutata a sentirmi ancora più "sincronizzata" nonostante la vita un po' bislacca che conduco ;-)
Grazie Amica!



mercoledì 5 febbraio 2014

Su di me, ovvero dell'inconcludenza

C'è qualcosa di intimamente comico nello scrivere il primo post dell'ennesimo blog che decido di mettere in piedi. 
Io apro, penso (troppo), ci ripenso e chiudo. Poi riapro. Poi... boh. 
Non lo faccio apposta. Mi pare di avere trovato la vena, ma dopo un po' cambio idea. Faccio la muta. E mi viene voglia di cambiare arredamento, o di traslocare.

Lo so che ridete sotto ai baffi. Ops, scusate: non è carino parlare di baffi a delle signore (siete tutte donne, voi che mi leggete, almeno per ora).

E' da un paio di mesi che sento di voler scrivere di nuovo, ma poi mi dico "no, no, lascia perdere. Che poi lo chiudi dopo tre mesi e fai l'ennesima figuraccia".

Però...
Però da qualche tempo ho ripreso a leggere quasi ai ritmi di una volta. Ho persino azzeccato un libro stupendo dopo l'altro (ne parlerò). Leggi questo, leggi quest'altro ed ecco che le parole ricominciano a fluire nel sangue, i pensieri prendono forma nella testa e per quanto si opponga resistenza essi pretendono uno spazio. Pretendono di essere detti.

Ed io non sono tipa da mummyblogging, almeno questo l'ho accettato. Leggo stupendi blog di mamme creative che fanno cose bellissime, o rendono bellissime le cose normali. Leggo e avverto una sensazione di inarrivabilità. Io ci provo e a volte mi riesce bene, sono anche contenta, ma non chiedetemi di darvi degli spunti.

A me piace scrivere post senza capo né coda, saltando di palo in frasca.
A me piace scrivere e ciò è un pochino narcisistico, credo.

Prometto che m'impegnerò, tuttavia chi mi conosce lo sa che ho tante idee, ma non ne porto a termine mezza.

Detto questo, mi fa molto piacere essere qui e sapere che mi farete compagnia.